venerdì 24 giugno 2016

L'enigma del solitario - Jostein Gaarder

E’ là che dovremmo stabilire la nostra dimora e non sul mucchio di sabbia quaggiù, dove il tempo divora tutte le cose che amiamo




Una storia nella storia, come è nello stile di Jostein Gaarder, a cui piace mescolare le carte e fornire molteplici visioni di ogni singolo dettaglio.

Un viaggio reale di un padre, uomo fuori da ogni schema razionale, che alterna stati di totale annegamento nell’alcool ad altri di elevate visioni filosofiche del vivere, e di suo figlio, un fragile adolescente che ancora non comprende il senso della durezza della vita.

Un viaggio dalle terre del nord Europa fino ad Atene, simile ad una discesa nel proprio io, alla scoperta di una coscienza comune, oltre che alla disperata ricerca di una donna, di una madre e moglie, fuggita senza lasciare traccia.
Personaggi che intrecciano a loro insaputa il proprio presente e passato e che si scoprono parte di un unico destino.
Il destino, termine così fragile, così difficile da imbrigliare.
Il destino che ha voluto che un padre e suo figlio si mettessero in viaggio, lo stesso che lega il lettore a questo libro, il destino che scrive di ognuno di noi, ogni giorno, nuove pagine. Così il protagonista cerca di spiegare al proprio figlio il senso dell’esistere ora, in questo preciso istante, su questa terra: “…le probabilità che uno solo dei tuoi antenati morisse negli anni dell’infanzia erano vertiginosamente alti…da questo punto di vista, Hans Thomas, sei stato a un passo dalla morte cento miliardi di volte…eppure ora sei qui, seduto a parlare con me!...Ti sto descrivendo un’unica lunga catena di eventi fortuiti. In realtà, quella catena risale fino alla prima cellula che si divise in due, dando il via a tutto quanto ora cresce e germoglia su questo pianeta. Le probabilità che, nel corso di tre o quattro miliardi di anni, la mia catena non si spezzasse erano talmente infime da risultare pressoché impensabili. Eppure ce l’ho fatta, per la miseria!...e la mia ricompensa è l’incredibile fortuna di vivere su questo pianeta insieme con te. …e se la gente si occupa tanto di fenomeni soprannaturali, ciò è dovuto a uno strano tipo di cecità. Non coglie il mistero più grande e cioè che esiste un mondo. Preferisce occuparsi di marziani e di dischi volanti, piuttosto che dell’insondabile creazione dispiegata davanti agli occhi. …No, non credo che il mondo sia dovuto al caso. Credo invece che all’origine dell’universo ci sia un progetto…”(…).
Ma dove è scritto questo progetto? Dove risiede “il grande illusionista” che il protagonista sta cercando?
(…)“ …spero un giorno di riuscire a smascherarlo, anche se non è facile scoprire il trucco quando un mago non compare neppure sul palcoscenico!”(…)

Un viaggio narrato, infine, anche grazie ad un minuscolo libro che Hans legge con una lente di ingrandimento. Un dettaglio che rende magico un fatto in sé banale e che introduce in un mondo che altro non è che la proiezione dei propri pensieri.
Il regno descritto nel micro libro ricorda il mondo di Alice, in cui si muovono creature fantastiche: carte da gioco, con i loro simboli e colori, che diventano esseri capaci di azioni, ma privi di senso logico proprio.
E poi il Jolly, un misterioso essere di cui è meglio non rivelare altro.

Chiudo qui questo mio riflettere, riportando le parole del padre di Hans:
(…) da qualche parte, su un mucchio di sabbia, un bambino costruisce castelli. Ogni volta che fa un castello nuovo, lo guarda per un istante, tutto fiero, e poi lo distrugge, gettandogli sopra un secchiello di acqua. Allo stesso modo, il tempo ha usato la terra per fare i suoi esperimenti. …Un mago ci fa spuntare dalla sua manica e ci fa sparire nel suo cappello. C’è sempre qualcosa in fermento che aspetta di prendere il nostro posto. Perché noi non posiamo i nostri piedi su un terreno saldo, ma nemmeno sulla sabbia. Noi siamo sabbia….Possiamo sfuggire ai re e agli imperatori e forse anche a Dio. Ma non al tempo: Il tempo ci vede ovunque, perché tutto intorno a noi affonda in quest’elemento senza fine.(…) Il pensiero però non fugge. I filosofi di Atene erano convinti dell’esistenza di qualcosa che non scorre via. Platone lo chiamava “ il mondo delle idee”. Non è il castello di sabbia a essere importante, bensì la rappresentazione del castello che il bambino aveva in mente….Noi portiamo dentro l’idea che tutte le cose intorno a noi potrebbero essere fatte meglio…E sai perché? …perché tutte le rappresentazioni che abbiamo in noi ci vengono dal “ mondo delle idee”. E’ là che dovremmo stabilire la nostra dimora e non sul mucchio di sabbia quaggiù, dove il tempo divora tutte le cose che amiamo.”(…)

a.t.

venerdì 10 giugno 2016

Jostein Gaarder - Il mondo di Sofia

(…) -“Che cos’è questa materia del mondo? Che cos’era ciò che esplose miliardi di anni fa? Da dove viene?”
- “Questo è il grande mistero”
- “Ma è qualcosa che ci coinvolge profondamente, perché anche noi siamo fatti di questa materia; siamo una scintilla di quel grande falò che venne acceso molti miliardi di anni fa.” (...)





Una storia come potrebbero essercene tante: un’adolescente, un filosofo, il lungo cammino tracciato dai grandi pensatori del passato e del presente da ripercorrere.
Qual è il destino dell’uomo, quale la sua origine? Esiste un “principio”, un “eterno”, una “fine”?
Sofia e Alberto: la loro vita pare vera, ma è solo la trama di un libro che un padre, Albert, ha scritto per il quindicesimo compleanno della figlia, Hilde.
I dialoghi fra Sofia e Alberto e il loro ragionare sulle domande che hanno accomunato gli uomini fin dalla antichità, sono un’occasione per avvicinare Hilde ai grandi quesiti della Vita.
Dagli atomi di Democrito, alle idee di Platone fino all’esistenzialismo di Sartre, il libro di Albert è una singolare lezione accademica, ma il vissuto di Hilde, che legge di Sofia, che discute con Alberto nel romanzo di Albert, fanno tutti parte di una storia nella storia: il romanzo di Jostein Gaarder.
E quando ogni dettaglio pare ben delineato, Sofia e Alberto sfuggono al controllo del loro ideatore-scrittore, creandosi una nicchia di vita propria.
Qual è dunque la realtà? Quella che percepiamo? Quella che viviamo? Quella che altri hanno creato per noi? Quella che noi costruiamo nella nostra mente?