martedì 27 settembre 2016

Manuale di pittura e calligrafia - José Saramago





E’ del 1983 quest’opera di José Saramago. Fanno da sfondo l’Italia e il Portogallo  nel pieno del regime di Salazar.
Manuale di pittura e calligrafia” è un testo particolare, forse il meno lineare di questo autore.
Il tema che ho colto come più impellente: l’impossibilità di rappresentare la vita, di comprimerla attraverso l’uso della parola, di crearne i confini dandole un colore, una forma.

L’io narrante è un mediocre pittore ritrattista, consapevole della sua scarsa genialità, ma deciso a oltrepassare il limite  delle sue banali pennellate, usando la parola.
Quando gli viene commissionato l’ultimo di una serie di ritratti, si rende conto di non conoscere nulla della vita dell’uomo che dovrebbe “ prender forma e colore” sulla sua tela. Il pittore conosce le  regole accademiche necessarie per compensare alla mancanza di estro. Il ritratto commissionato è portato a termine, ma con grande   sofferenza, perché: “ quando comincio un nuovo quadro la tela bianca, levigata, senza alcuna base, è il certificato di nascita da compilare su cui io ( amanuense di un’anagrafe senza archivi) credo di poter scrivere dati nuovi…Ma quella che faccio io non è pittura. …ho sempre creduto di sapere come avrei dovuto dipingere il ritratto giusto, e sempre mi sono costretto di tacere, …davanti al modello inerme che mi si affidava…Solo io sapevo che il quadro era già pronto ancor prima di qualunque seduta di posa e che tutto il mio lavoro si riduceva a mascherare ciò che non si poteva mostrare…
Nel ritrattista, all'improvviso,  scatta una scintilla.
In segreto inizia a dipingere un’altra tela, in cui crede di poter trasferire con le immagini anche le emozioni, il vero, il non raccontabile, il segreto.
I colori e le pennellate si sovrappongono fino al risultato finale: una macchia informe, nera. “Continuerò a dipingere il secondo quadro, ma so che non lo finirò mai. Il tentativo è fallito e non c’è miglior prova di questa sconfitta, o fallimento, o impossibilità, del foglio di carta che mi accingo a scrivere….Non voglio pensare, adesso, a che cosa farò se pure questa mia scrittura sarà un fallimento, se, da allora in poi, le tele bianche e le pagine bianche saranno per me un mondo in orbita a milioni di anni luce…
 “…i due quadri hanno progredito verso la loro fine inevitabile: il secondo ritratto….ammetteva ed esigeva una libertà diversa…La somiglianza era quasi inesistente….io stesso mi ero reso conto di averli dipinti così diversi, ma nel più profondo, sapevo che erano la stessa persona. Eppure bisognava indagare su un certo dubbio: erano la stessa persona grazie alla medesima mancanza di significato…” .
Due ritratti e un foglio da riempire: ecco il passaggio successivo, non meno doloroso, la scelta della parola per raccontare quella verità che attraverso la pittura il ritrattista non è in grado di rivelare.
E un nuovo muro, un altro limite, forse un nuovo traguardo o punto da cui ripartire: “ Probabilmente nessuna vita può essere raccontata, perché la vita è come le pagine sovrapposte di un libro o le stratificazioni di un colore che , appena sfogliate o separate per leggerle e guardarle, si polverizzano e marciscono: viene loro a mancare quella forza invisibile che le legava, vengono a mancare il peso, l’agglutinazione, la continuità. Anche i minuti che non si possono staccare l’uno dall’altro, sono vita, e il tempo sarà sempre un insieme pastoso, denso e oscuro, in cui nuotiamo con difficoltà…" (…) "Ma adesso basta con le domande…ho girato in tondo e sono arrivato al punto in cui ero…Oggi nel mio circolo percorso in tutte le direzioni, so perlomeno dove si trova il muro e dove il limite. Nessuno lo oltrepassa se non lo conosce. E’ la differenza fra il circolo e la spirale.”



a.t.