mercoledì 17 febbraio 2016

Alejandro Jodorowsky - La danza della realtà

(…) l’amore: è la gratitudine perché l’altro esiste.(…) 



Ci sono testi che ti stendono, come un pugno nello stomaco e forse per questo vale la pena consumarne le pagine fino alla fine. In questa autobiografia Jodorowsky si riflette in un mondo di eccessi, dove nulla è banale, dove tutto è vissuto con passione, oltre la ragione. Il suo narrare ferisce per la crudeltà di certe immagini e, insieme, commuove quando sfiora con delicatezza temi quali l’amore, le relazioni familiari, la vita, la morte.
Difficile per me comprendere certi passaggi: le mie radici culturali sono lontane dal considerare la psicomagiaatto curativo” o le terapie a base di allucinogeniarte che eleva”.
Fin da subito la ragione mi ha imposto quelle stesse barriere che J. ha tentato di valicare con i suoi gesti estremi, con le sue follie poetiche, con le sue truci rappresentazioni teatrali. Alla fine ho dovuto abbassare tali barriere, per poter proseguire la lettura, per poter arrivare fino in fondo, per poter ricevere quella scossa che, egoisticamente, pretendo sempre quando intraprendo un viaggio attraversando un libro.
E chiusa l’ultima pagina, ancora inondata da sentimenti contrastanti, dal rifiuto- all’ammirazione, dall’orrore- alle lacrime, faccio mio un suo pensiero, ricordando chi non è più accanto a me:
 “ …nella misura in cui gli altri ci ricordano, noi viviamo. Se ci dimenticano, ci sentiamo morire. Nel mondo onirico succede la stessa cosa. Se l’inconscio è collettivo e il Tempo eterno, si può dire che ogni creatura nata e morta sia rimasta incisa nella memoria cosmica che ogni individuo reca dentro di sé. Oserei dire che ogni morto attende nella dimensione onirica che una coscienza infinita si ricordi finalmente di lui.
Alla fine dei Tempi…nessun essere, per quanto insignificante, verrà dimenticato.”

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