domenica 14 febbraio 2016

L'uomo che allevava i gatti - Mo Yan

Quando un libro finisce, ma la sua storia, come eco, continua a tornare …




 L’uomo che allevava i gatti: un libro dal titolo curioso, preso dal suo ultimo racconto, una storia surreale che ricorda la fiaba del Pifferaio Magico.

Ho atteso qualche giorno prima scrivere le mie impressioni  su questo testo di Mo Yan del 1986. Avevo necessità di ritrovare   equilibrio,  superare il disagio provato.

Perfetta la motivazione del Nobel vinto nel 2012: qui, e sicuramente più che in “Le rane”, l'“allucinante realismo” pervade ogni frase,  al punto da togliere ogni possibilità di replica.

Dure le trame che legano fra loro i nove racconti; unico il protagonista che rivive i luoghi della sua infanzia e ritrova nel presente le sue radici; agghiaccianti le  immagini di vita quotidiana. 

La capacità di MoYan di creare illusioni emotive è notevole: una sfida che si gioca fra  poetiche   descrizioni ambientali  e  gesti di  una brutalità disarmante. 
Profumi e  colori, alberi in fiore, fiumi, la natura con le sue stagioni,  sono solo veli sovrapposti, sotto i quali si consumano drammi, violenze,   abusi, soprusi . Una  “normale quotidianità contadina” di pochi decenni fa, che pare però proiettata nel periodo più cupo del nostro Medio Evo. 
Così una madre amputa il dito indice del figlio per impedirgli di andare a caccia, perché (…)”studiare seriamente è il tuo solo dovere, ricordalo!”(...).
I figli sono picchiati dai genitori fino a morirne; i loro resti abbandonati nei campi, alla mercé del  villaggio, affinché attraverso il sacrificio sia lavata un’onta, sia salvo l’onore della famiglia umiliata.
Padri austeri, imponenti, più simili a tiranni, urlano la loro rabbia; madri fragili, prive di diritto di replica, soccombono e bambini, tanti, troppi, muoiono tragicamente o sopravvivono senza grazia alcuna, come fantocci in balia della vita. 
Scrive l’autore che durante il periodo del controllo delle nascite ( nrd. - a partire dalla metà degli Anni Sessanta) (…)“ il neonato abbandonato era uno strano oggetto nel quale si concentravano un gran numero di contraddizioni: sbarazzarsene non era giusto, non sbarazzarsene anche.  L’umanità si è evoluta sino ai nostri giorni, ma la sua distanza dal mondo animale è sottile quanto un foglio di carta bianca. La natura umana è fragile e sottile quanto un foglio e, con la stessa facilità, si lacera al minimo tocco…”(…). 
E più tardi, quando  l’Europa sta vivendo l’ebrezza dei “Mitici Anni Ottanta”, in Cina (…)" si combatte la venuta al mondo, come   un flagello.(...) Ma , si domanda l'autore (...)Preservativi, spirali, aborti, chiusura delle tube, vasectomie, aborti  sono forse meno crudeli dell’uccisione o dell’abbandono di neonati? "(…)  
Mentre in Europa la gioventù è rampante e il boom demografico  ormai in calo, nella regione di Shandong si fanno ancora i conti fra  il numero degli abitanti e le risorse economiche da dividere. 
La Terra: un unico Pianeta con   Universi  ben distinti. 
In Cina servono figli maschi, perché solo un  figlio per coppia è concesso,  e se fosse femmina sarebbe un peso economicamente gravoso.
Negli  Anni Ottanta (…) “tra i neonati che vengono abbandonati non ci sono maschi. Valutando  la questione superficialmente, si potrebbe dire che la pianificazione delle nascite ha trasformato alcuni genitori in bestie. Analizzando la cosa più in profondità, ritengo che la colpa principale sia da imputare a una mentalità tradizionale e maschilista.… Si tratta di un fenomeno oggettivo, che ….danneggia la gloriosa reputazione della Repubblica Popolare Cinese. …sarà difficile arrestarlo in tempi brevi. Nei villaggi di campagna, sporchi e puzzolenti da far allontanare il cielo, arrugginirebbero persino le spade fatte di diamante. (…). 
E  a tratti l’autore    cade  nella trappola del cinismo (…)” Perché fare gli schizzinosi? Questa era la vita!... la cosa più tragica e terribile di questo mondo è la buona coscienza…Centinaia di persone si trovavano sull’aia…Avevano un’aria di compassione che mal celava il piacere evidente che provavano di fronte allo spettacolo della sfortuna altrui…Mio fratello era morto annegato…La folla era venuta ad assistere allo spettacolo… attirata dall’odore della morte(…).


Il destino degli uomini è deciso dal cielo, e non c’è niente da fare  afferma Mo Yan.












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